Riportiamo la sintesi di una ampia analisi compiuta da Searchmetrics riguardo a quelli che possono essere considerati i fattori più importanti per ottenre un buon posizionamento nella SERP di Google relativi nello specifico al mercato italiano.

Lo studio è stato condotto su ben 10.000 parole chiave, 300.000 siti web, 160.000 annunci AdSense, un’infinità di link, like e tweet per un totale di circa 15 GB di dati.

Infine stati messi a confronto i potenziali fattori di ranking valutando la correlazione statistica fra questi dati e il posizionamento dei vari siti web nei risultati di Google. Per esempio, se molte pagine sono nelle prime posizioni delle SERP con la keyword nel title, abbiamo identificato questa alta correlazione.

Fattori di Ranking

Il modo più chiaro per presentare la correlazione fra i diversi fattori e i risultati di Google è usare il coefficiente di Spearman:

più lunga è la barra, maggiore è la correlazione. Il coefficiente di correlazione viene misurato sull’asse X. I valori più alti sull’asse (ad esempio, le condivisioni di Facebook) hanno una correlazione positiva (più è lunga la barra, meglio è), mentre i valori più bassi (ad esempio, il numero di caratteri nel titolo) hanno una correlazione negativa. Pertanto possiamo dire che la più alta correlazione si verifica per le condivisioni di Facebook, mentre la più bassa per la posizione delle parole chiave nel titolo. Prendendo ad esempio il numero di caratteri del titolo – che è un valore negativo – significa che più è corto, meglio è per il ranking.

Il punto più interessante per chiunque sta per implementare un strategia sui social media è sapere che i “fattori sociali” sono sbarcati anche in Italia. Come si più notare, le azioni su Facebook e Twitter sono correlate ai posizionamenti più alti. Diverse metriche di Facebook hanno i valori più alti, e le “condivisioni” sembrano essere quelle con un valore maggiore, addirittura più alto della somma di condivisioni, commenti e like. Twitter è molto indietro rispetto a questi valori, anche dietro alle parole chiave presenti nei backlink.

Troppa pubblicità fa male

Un eccesso di annunci pubblicitari e/o un brutto posizionamento degli stessi pare sia uno dei fattori considerati dal Panda (e dai suoi successori). I dati di questo studio supportano questa ipotesi, e infatti portano a correlazioni negative.

L’uso di “adlink” (come ad esempio quelli di Commission Junction, AdSense e altri) è leggermente meno negativo che l’uso di AdSense da solo.

Tuttavia è importante notare che il valore di correlazione qui sopra è per tutte le integrazioni di “alink”, incluso AdSense. Se prendiamo il trend percentuale dell’integrazione di AdSense e analizziamo tutti gli altri network competitor in base al ranking, arriviamo a queste sorprendi conclusioni:

Possiamo chiaramente vedere che le pubblicità di AdSense si distanziano nettamente da tutti gli altri adlink, che in base alle analisi effettuate rimangono coerenti. La conclusione è dunque che il solo AdSense abbia una correlazione negativa.

Pertanto, sembra che ci siano più probabilità di trovare siti con poca pubblicità nelle posizioni più alte. Ovviamente, fra questi rientrano anche i siti dei brand – Sony, ad esempio, non ha alcun banner sulle sue pagine prodotto.

Di recente Google ha confermato che un accesso di pubblicità above the fold può causare problemi di ranking – e questo trend emerge precisamente dai nostri dati. Tuttavia continueremo ad osservare questi dati perché sembra che questo fattore sia rilevante solo nei primi 10 risultati e perché sembra che AdSense sia utilizzato molto più spesso su siti che si posizionano male rispetto a quelli che si posizionano meglio.

I backlink valgono ancora oro

Indipendentemente dal crescente potere dei social media, i backlink sono e continueranno ad essere uno dei fattori più critici per raggiungere un buon posizionamento.

La cosa è supportata anche dai nostri dati – subito dopo Facebook, il numero di backlink è il fattore che più è correlato ad un buon posizionamento. Inoltre pare ci siano diversi fattori in gioco quando si parla di backlink

La prima immagine mostra che la proporzione di link con nofollow correlati col posizionamento è solo un poco dietro ai link contenenti parole chiave. Persino i link contenenti stop word sembra abbiano un valore. Questa forte correlazione con fattori che sembrano suggerire una struttura di link più naturale mostra un trend che molti SEO sospettavano, ovvero che spesso l’uso di link perfettamente ottimizzati non risulta più efficace, e che è necessaria una diversa strategia.

La potenza dei brand resiste

Per un po’ di tempo, la regola nell’ambiente SEO è stata che i brand godono di un certo vantaggio nel ranking, e quindi che è molto importante lavorare per cercare di affermarsi come brand. Tuttavia è difficile determinare il “fattore brand” in base ai dati analizzati su larga scala. E’ molto difficile venire a conoscenza dei criteri utilizzati dall’algoritmo di un motore di ricerca per determinare un brand, ma non è completamente impossibile.

Quello che emerge è che meno una keyword appare nell’headline o nel title, e meno le parole sono inserite nel testo, meglio si posizionerà la pagina. Inoltre, la quantità di testo sembra non abbia effetti positivi. Ciò sembra essere piuttosto sorprendente. Ma se si analizzano i primi 30 risultati di Google, emerge che fino ai primi 10 i fattori si comportano come previsto, senza evidenti correlazioni in nessuna direzione. Tuttavia, al primo posto – quello “naturale” per i grossi brand – tutto viene capovolto.

Da ciò possiamo ricavare che per finire nelle posizioni più alte non servono di parole chiave nel titolo o nell’H1 e anche il numero di parole medie tende a scendere nei primi risultati.

Il che contraddice la classica teoria SEO relativa ai fattori on-page. Per esempio, normalmente ci si aspetterebbe che una parola chiave nel titolo possa rappresentare un grande vantaggio, o che le keyword inserite nell’H1 possano avere influenza positiva. E invece pare che questi fattori vengano pesati in modo completamente diverso da Google, quando è in presenza di grossi brand: questi riescono a posizionarsi entro i primi 5 posti anche senza buone strutture on-page.

Le parole chiave nei domini e negli URL

I domini con all’interno le keyword sono più spesso correlati con posizionamenti migliori, rispetto ai risultati di altre pagine prese a caso. La correlazione con questi domini è anche molto più alta rispetto a quella delle parole chiave nel resto dell’URL. Sebbene Google abbia sottolineato che questi siti perderanno lentamente di forza, per ora non sembra che le cose stiano così.